I dati di Mal’Aria, campagna antismog di Legambiente: Torino e Alessandria già fuorilegge. Legambiente sollecita Regione e Comuni a non farsi trovare ancora una volta impreparati di fronte alla stagione dello smog
Torino, Alessandria ma anche la più piccola Carmagnola. Sono già diverse le città del Piemonte fuorilegge per smog ancor prima che inizi la stagione più critica per la concentrazione di inquinanti. A denunciarlo è Legambiente che con la campagna Mal’Aria torna ad accendere i riflettori sull’annoso problema dell’inquinamento atmosferico nelle nostre città. In tutto il Piemonte, nonostante un leggero miglioramento, i livelli di smog continuano infatti ad essere alti, ben oltre i limiti consentiti per legge. Analizzando i dati relativi ai primi 10 mesi dell’anno emerge che oltre ad esser già stato consumato in diverse città il “bonus” dei 35 superamenti della soglia massima giornaliera consentita per il PM10, sono preoccupanti anche i livelli massimi raggiunti dalle polveri sottili con picchi ad Alessandria di 140 μg/m3, a Novara di 138, Torino 130, Vercelli 116, Asti 115 e Biella 111. Ma oltre i limiti sono anche i valori medi del biossido di azoto a Torino, Novara e Alessandria e le concentrazioni di ozono registrate in tutte le provincie piemontesi.
“Si riapre la stagione dello smog e il Piemonte si presenta ancora una volta impreparato –dichiara il presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta Fabio Dovana-. Ad inizio 2015 abbiamo accolto con favore la volontà da parte della Giunta Chiamparino di procedere ad un aggiornamento del piano regionale antismog vecchio di 15 anni, ma dopo quasi due anni nulla si è concretizzato e il rischio è di vedere ancora una volta i singoli comuni andare in ordine sparso con iniziative spot ed inefficaci. Non si racconti che il ‘cruscotto antismog’ approvato lo scorso marzo vada in questa direzione: si tratta di un provvedimento debole, che entrerebbe in vigore in casi rarissimi e che affronta il problema esclusivamente in chiave emergenziale e non di prevenzione. Al Piemonte serve invece subito un nuovo e coraggioso piano antismog, non c’è bisogno di nuove analisi, né di enunciazioni di principio, ma sono urgenti misure immediatamente praticabili. Per questo alla Regione chiediamo concretezza, la stessa che devono avere i Comuni che non hanno ancora esplicitato cosa intendono fare per contrastare l’inquinamento e tutelare la salute dei propri cittadini”.
L’associazione ambientalista a maggio 2015 aveva avanzato alla Regione e ai comuni piemontesi le proprie proposte antismog per arrivare ad avere entro qualche mese il nuovo Piano di risanamento della qualità dell’aria. Un Piano che per Legambiente deve avere obiettivi ambiziosi ma anche indicare gli strumenti concreti per raggiungerli ed essere integrato con le altre politiche e pianificazioni delle diverse direzioni regionali, in particolar modo con il settore dei trasporti, delle infrastrutture, dell’urbanistica e delle politiche industriali. Per l’associazione è inoltre fondamentale attivare strumenti di controllo sull’efficacia del Piano che siano efficaci sia per la stessa Regione, sia per le Amministrazioni comunali. La programmazione regionale, così come la pianificazione delle azioni previste nei vari comuni, sarà più efficace se costruita tramite un percorso partecipato, in cui i portatori di interesse siano consultati attraverso un confronto attivo e continuativo nel tempo. “Per questo abbiamo proposto alla Regione di attivare un tavolo permanente sul tema della qualità dell’aria, di cui facciano parte le città con più di 20.000 abitanti, i comuni a loro limitrofi e quelli in cui si evidenzia il superamento di uno o più valori limite aumentati del margine di tolleranza; l’Arpa e le Associazioni ambientaliste e impegnate sui temi della mobilità sostenibile”.
L’associazione ricorda quelli che dovrebbero essere i campi d’azione principali delle politiche antismog. Per Legambiente la vera sfida si gioca nelle città, a partire dalla fonte principale: i trasporti e la mobilità urbana. La riduzione del parco auto circolante deve essere l’obiettivo principale da porsi: “Per muoversi in modo sostenibile dentro le città è indispensabile progettare i nuovi spazi urbani e riadattare quelli esistenti in modo che siano facilitati gli spostamenti a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici. Devono replicarsi in modo capillare le zone 30 nelle aree residenziali (concepite con le caratteristiche europee), estendendo inoltre il limite dei 30 km orari in tutto il territorio cittadino ad eccezione delle grandi vie di scorrimento. Vanno previste delle congestion charge zone al fine di limitare il traffico veicolare privato e reperire risorse economiche da destinare al trasporto pubblico. Vanno aumentati i posteggi per le biciclette, soprattutto nei luoghi di interscambio con i mezzi di trasporti utilizzati dai pendolari, così come vanno costruiti e resi appetibili i posteggi di interscambio alle porte della città”. Per reperire le risorse necessarie, il piano regionale dovrebbe inserire l’obbligo di destinare alla mobilità ciclabile almeno il 15% dei proventi delle multe destinati alla sicurezza stradale (del 50% previsto per legge e deliberato dai Comuni) e almeno il 10% dei proventi delle sanzioni ad interventi di moderazione del traffico. Le amministrazioni comunali dovrebbero inoltre essere obbligate dal piano regionale ad aggiornare costantemente i propri Pums (Piani urbani della mobilità sostenibile).
“Nel chiedere uno sforzo ai cittadini affinché cambino le loro abitudini di spostamento –si sottolinea nel documento di Legambiente- è indispensabile un incremento dell’offerta dei mezzi pubblici, che hanno visto in questi anni una sostanziale riduzione in termini di risorse e di offerta, sia a livello urbano che extraurbano. Non c’è bisogno di grandi opere molto impattanti per il territorio, molto costose e dalla dubbia utilità, è necessario invece tornare ad investire sul trasporto pubblico per i pendolari, a partire da quello ferroviario, utilizzato quotidianamente da migliaia di persone”. Anche il settore energetico e di gestione del calore secondo Legambiente può dare un contributo significativo alla riduzione dell’inquinamento in Piemonte: “L’energia solare e le altre fonti energetiche rinnovabili che non prevedono la combustione possono sostituire gli impianti esistenti di produzione energetica o di calore attualmente esistenti, contribuendo al miglioramento della qualità dell’aria. Altrettanto sforzo va poi fatto nella direzione della rigenerazione urbana, per far sì che i tantissimi edifici attualmente poco performanti dal punto di vista dell’efficienza energetica vengano riqualificati, così che venga diminuito il loro fabbisogno energetico per il consumo di energia elettrica e per il riscaldamento/raffrescamento”.
Per Legambiente il Piano dovrebbe inoltre prevedere misure e azioni specifiche per tutelare e potenziare il verde in città, collegando tra loro le aree verdi, in modo tale che si realizzi una vera e propria maglia ecologica urbana connessa alle aree agricole periurbane. Altrettanta attenzione deve essere data inoltre al tema dell’agricoltura e a quali misure mettere in campo affinché anche questo settore, spesso trascurato da questo punto di vista, sia più sostenibile. Un esempio è la vecchia pratica agricola dell’abbruciamento delle stoppie del riso, e più in generale dei residui vegetali, che non andrebbe più consentita laddove vengono superati i limiti di inquinamento previsti per legge. Questa vecchia abitudine dovrebbe essere definitivamente archiviata a favore dell’interramento delle stoppie, pratica ormai messa in atto dalla maggior parte delle aziende risicole con benefici sia ambientali che agronomici; mentre i residui vegetali possono utilmente essere compostati a livello domestico o in appositi centri di raccolta.
Le proposte di Legambiente per il nuovo Piano regionale sulla qualità dell’aria
Il documento integrale: http://bit.ly/1EMWsSz