Il Piemonte non ha bisogno di nuovi impianti di incenerimento: una Regione ampiamente inadempiente alle norme europee, nazionali e allo stesso piano regionale, non può basare sulle proprie inefficienze nuove progettualità impiantistiche per lo smaltimento.
Con i progetti ad oggi avanzati si andrebbe verso un sovradimensionamento impiantistico importante, a tutto discapito di una gestione sostenibile dei rifiuti e del percorso di economia circolare che l’Europa ci chiede.
“Nuovi inceneritori in forte contrasto con il piano di decarbonizzazione nazionale e con gli impegni in tema presi dalla Città di Torino. Quale strada intende percorrere il Comune di Torino?”
Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta assiste con sgomento alla corsa all’incenerimento partita da Roma ed ora arrivata in pompa magna anche nella nostra Regione dove da tempo covava sotto le ceneri.
Le parole del neo-Presidente di TRM Alessandro Battaglino nell’intervista a La Stampa del 24 maggio scorso ci lasciano abbastanza esterrefatti, nella forma e nella sostanza. Nella forma perché Battaglino è Presidente di una società che di incenerimento si occupa, nominato dal Comune di Torino; nella sostanza perché, al solito, si parte dall’elemento (lo smaltimento dei rifiuti) in fondo a tutte indicazioni di priorità d’azione dettate dalle norme nazionali ed europee.
“Ricordiamo come Torino sia oggi sotto il 55% di raccolta differenziata – afferma Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – a più di 10 punti percentuali dagli obiettivi fissati per il 2012. Ci sembra paradossale che proprio da un nominato in quota Comunale arrivino valutazioni a favore dell’incenerimento. Abbiamo l’impressione che sul tema gestione rifiuti il Comune di Torino sia un po’ in difficoltà: da una parte suoi rappresentanti parlano di nuovi inceneritori, dall’altra gli uffici comunali non sono stati in grado di far fronte entro i trenta giorni previsti per legge alla richiesta di dati su quantità e qualità della raccolta differenziata avanzata da Legambiente, chiedendo una deroga. Dati imprescindibili per prendere decisioni corrette rispetto alle modalità di raccolta e ad eventuali scelte impiantistiche. Dati che evidentemente non erano in possesso degli organi deputati a tali decisioni. Qual è la strada che intende percorrere il Comune? Lo dicano in maniera chiara: incenerimento o economia circolare? Le due opzioni sono in chiara opposizione”.
La programmazione impiantistica è in capo alla Regione e ricordiamo come ad oggi siano presenti sul territorio piemontese almeno 3 progetti in differente stato di avanzamento per altrettanti nuovi impianti di incenerimento con valorizzazione energetica: l’impianto proposta da A2A a Cavaglià in provincia di Biella (280.000 tonn/anno); l’impianto proposto e presentato alle amministrazioni locali la scorsa settimana da SMAT per la valorizzazione energetica dei fanghi da depurazione a Settimo Torinese (100.000 tonn /anno); l’impianto a cui spesso l’amministrazione regionale ha fatto riferimento da creare nel sud della regione, con ogni probabilità a Novi Ligure.
Si va verso un sovradimensionamento impiantistico impressionante in una Regione che non solo non rispetta le direttive nazionali sulla gestione rifiuti, ma che nemmeno rispetta gli obiettivi auto-imposti dal piano regionale al 2020 (474 kg/abitante e 64% di raccolta differenziata contro i target dei 465 kg/abitante e il 65% di RD) . Se solo si rispettassero gli obiettivi (modesti) fissati dal piano vigente al 2025 (425 kg e 70% di RD in ogni ATO) il Piemonte avrebbe una necessità di smaltimento pari a 545.000 tonn/anno di RSU, ampiamente coperta dall’impianto del Gerbido (che nel 2021 ha bruciato 560.000 tonnellate di rifiuti).
Obiettivi che, come affermato al nostro Ecoforum 2021 da funzionari regionali, saranno rivisti e resi decisamente ambiziosi dalla nuova pianificazione, sia in tema di raccolta differenziata che in tema di riduzione.
“La gestione dei rifiuti – continua Giorgio Prino – ha ricadute importanti anche sul tema della decarbonizzazione. In questo momento il Gerbido è il maggior punto di emissione di gas climalteranti della Città di Torino. Ci chiediamo come possa la Città di Torino, per bocca di un suo nominato, pensare ad un nuovo impianto di incenerimento, visto che ha assunto il gravosissimo impegno di una decarbonizzazione totale entro il 2030 con la partecipazione al programma europeo “100 Climate-neutral Cities by 2030 – by and for the Citizens”.
Torino non ha bisogno di un nuovo impianto di smaltimento. Il Piemonte non ha bisogno di un nuovo impianto di smaltimento. Si percorra senza preclusioni ideologiche la strada dettata dall’Europa e si segua un reale percorso verso l’economia circolare: prevenzione, riduzione, riuso e raccolta differenziata”.