Legambiente parte civile al processo che ha portato alla condanna in primo grado a 5 anni e 4 mesi per incendio doloso
Una condanna esemplare resa possibile grazie alle meticolose indagini dell’ex Corpo Forestale di Biella, oggi Arma dei Carabinieri. E’ quella a 5 anni e 4 mesi per Franco Machetto, pastore quarantacinquenne accusato di aver mandato in fumo più di mille ettari di bosco nei comuni biellesi di Trivero, Portula e Coggiola provocando danni inestimabili dal punto di vista ambientale e spese per quasi un milione di euro. Il piromane si rese protagonista di vari incendi dolosi in Valsessera tra fine novembre e inizio dicembre 2015.
“Ci auguriamo che questa sentenza, frutto dello straordinario lavoro di indagine dell’ex Corpo Forestale di Biella, serva da monito agli ecocriminali che in queste settimane stanno distruggendo migliaia di ettari di bosco in tutta la Penisola –dichiarano Stefano Ciafani e Fabio Dovana, rispettivamente direttore generale di Legambiente e presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Per prevenire gli incendi resta comunque di prioritaria importanza la cura e tutela del territorio e delle aree boschive da parte degli Enti locali, attraverso lo studio e la predisposizione di misure di mitigazione del rischio, così come è fondamentale rafforzare le attività di controllo e di avvistamento per garantire interventi tempestivi in caso di emergenza”.
Per Legambiente, costituitasi parte civile nel processo contro il piromane della Valsessera, nella prevenzione e la lotta agli incendi boschivi è fondamentale che si definisca al più presto una politica di adattamento ai cambiamenti climatici, attraverso adeguate politiche forestali. Occorre poi rafforzare il sistema dei controlli e degli interventi delle Forze dell’ordine nei confronti dei criminali che appiccano gli incendi. Oggi, oltre il delitto di incendio doloso di cui all’art. art.423 bis del codice penale, si può e si deve applicare la legge sugli ecoreati (la n.68/2015) e in particolare il reato di disastro ambientale secondo quanto previsto dall’art. 452 quater del codice penale, uno dei nuovi delitti introdotti dalla legge, che usa la mano dura contro chi attenta alla salubrità degli ecosistemi, incrementando le pene fino a 15 anni di reclusione più le aggravanti. Legge che, a due anni dall’entrata in vigore, sta dando i risultati sperati. Secondo i numeri elaborati dall’associazione ambientalista nel 2016 la legge 68/2015 ha consentito di sequestrare 133 beni per un valore di circa 15 milioni di euro e di sanzionare 574 ecoreati -più di uno e mezzo al giorno- di cui 173 hanno riguardato specificamente i nuovi delitti (30% del totale).