Riaperta la stagione della caccia: per la prima volta dopo 40 anni sono 39 le specie cacciabili. L’associazione ambientalista presenta i dati sul bracconaggio: ogni 5 giorni in Piemonte un’infrazione contro la fauna selvatica
Lo scorso weekend si è riaperta in Piemonte la stagione della caccia. Per la prima volta dopo 40 anni si sono potuti abbattere esemplari appartenenti a 39 diverse specie per effetto di un ricorso al TAR del Piemonte contro il calendario venatorio, attraverso cui i cacciatori hanno ottenuto l’inclusione nell’elenco delle specie cacciabili di uccelli in grave pericolo di estinzione ed estremamente rari nella nostra regione.
“Una situazione grave per la fauna piemontese a cui speriamo il presidente Chiamparino e l’assessore Ferrero vogliano far fronte rapidamente –dichiara Fabio Dovana, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta-. Sono infatti a rischio, per il divertimento degli ormai sparuti cacciatori piemontesi, diverse specie in via d’estinzione che rappresentano un vero e proprio patrimonio di biodiversità per la nostra regione. Occorre quindi arrivare presto all’approvazione di una legge regionale per regolamentare l’attività venatoria e alla redazione del Piano Faunistico Venatorio Regionale. Speriamo che la Regione colga anche l’occasione per destinare maggiori risorse ai controlli, ad oggi insufficienti per far emergere la reale situazione degli illeciti”.
In Piemonte negli ultimi sette anni, dal 2009 al 2015, ogni 5 giorni è stata registrata un’infrazione contro la fauna selvatica, denunciata una persona ogni 8 giorni ed effettuato un sequestro ogni 9 giorni. Cuneo, Alessandria, Torino sono le province dove si sono registrate più infrazioni. Per quanto riguarda i reati di bracconaggio (articolo 30 della legge 157/92), nei quattro anni dal 2012 al 2015, ogni mese è stato avviato un procedimento contro noti, indagata una persona ogni 26 giorni ed è stato aperto un procedimento contro ignoti ogni due mesi. Le province dove sono stati registrati il maggior numero di procedimenti e di persone indagate per reati da articolo 30 della legge 157/92 sono state Torino, Vercelli, Asti e Alessandria.
È quanto emerge da un approfondimento sul bracconaggio in Italia realizzato da Legambiente sulla base di due gruppi di dati: i primi relativi, alle sole infrazioni contro la fauna selvatica, ricevuti da tutte le Forze di Polizia (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato, Capitaneria di Porto, Corpi Forestali Regionali, Polizie Provinciali) per la stesura del Rapporto Ecomafia. Il secondo gruppo riguarda, invece, i dati degli ultimi quattro anni, sempre su base regionale e provinciale, trasmessi dalle Procure (Procure delle Repubbliche presso i Tribunali e Procure presso i Tribunali per i Minorenni) all’associazione nazionale LAV ai fini della redazione del Rapporto Zoomafia. I dati, seppur incompleti in alcuni degli anni e/o delle province considerati, restituiscono nel complesso un quadro chiaro sul bracconaggio ed elementi utili per capire come pianificare e definire al meglio interventi ad hoc per contrastare questo odioso e illegale fenomeno.
“Se da una parte siamo contrariati da una stagione di caccia che permette di sparare ad un gran numero di animali tra cui specie molto rare, dall’altra siamo preoccupati perché sappiamo che a quegli animali cacciati andrà sommato il numero dei capi uccisi illegalmente –conclude Dovana-. Ciò che chiediamo con forza alla Regione Piemonte è quindi una stretta sul numero e le specie di animali cacciabili e un rafforzamento del sistema di controllo capace di far fronte agli illeciti compiuti ogni anno. Un maggior presidio sarebbe utile anche a prevenire il gran numero di incidenti causati dalla caccia che ogni anno colpisce gli stessi cacciatori e sventurati escursionisti, causando feriti e in alcuni casi anche morti”.
Al seguente link http://www.legambiente.it/i-dati-del-bracconaggio-in-italia è possibile scaricare le tabelle con i dati sul bracconaggio.